Nei  sofferti inquieti “personaggi”, che con approfondita indagine, Carlo Panzavolta dipinge da tempo e raramente propone (occorre far forza alla sua riservatezza per convincerlo a riunire in galleria un consistente gruppo di sue opere) vive ed emerge una “realtà” che, proprio in terra di Romagna, ha trovato i fermenti e la continuità di un sicuro, avvincente percorso.

Ed è alle amare, disadorne atmosfere dei maestri della “scuola cesenate”, come in parte alle sottili angosce evidenziate dal gruppo milanesi dei “realisti essenziali”, che può appartarsi la notturna “figuratività” di Panzavolta. “Personaggi”, i suoi, scabri e affranti, “colloqui” preferibilmente anonimi, particolareggiati pungenti “ritratti” posti in silenziosi rarefatti ambienti. Con appassionata ricerca e costante intimità spirituale, possono variare, nelle opere di Panzavolta, l’impianto, il tessuto pittorico, le tipologie, come la realtà del suo sofferto “quotidiano” può valersi di un voluto “non finito” o dell’addentrarsi di più insistiti risolti nei compiuti, analitici “ritratti”; tutto ciò senza sentire in alcun modo la discontinuità di un proprio, accorato, attuale linguaggio. L’insidiosa “malattia della vita”, diffusa nei volti, nei gesti, nelle anatomie di un silenzioso svolgersi di constatazioni o avvenimenti, può contare sulla piena maturità raggiunta su basi segnico-costruttive, alimentata nel tempo, da un coerente, sicuro traguardo cromatico e tonale.

Luciano Bertacchini – Bologna, novembre 1993